MARIA JOLE SERRELI
ANIMAS - CURVE NELLA MEMORIA
ARTE
Come sono fatte le linee dei ricordi? Sono forse diritte, tese come elastici prossimi a scattare per riportare alla mente persone, cose, ambienti e accadimenti?
Oppure sono storte, pronte a ribellarsi alle direzioni che si vorrebbe imporre loro? E poi ancora: sono sinuose o spezzate, continue o tratteggiate, nitide o sfocate?
Visitando la mostra di Maria Jole Serreli a cura di Chiara Manca appena inaugurata a Nuoro presso la sede espositiva MancaSpazio verrebbe da confermare che la dimensione della rimembranza non può che seguire leggi tutte sue, in base alle quali «certi angoli del presente» – come insegna Viaggi e miraggi, la nota canzone di Francesco De Gregori da cui è tratto il titolo dell’evento – si trasformano in «curve nella memoria», e come tali, spesso, ammorbidiscono ciò che sembrava rigido, addolciscono ciò che sembrava amaro, danno nuova vita a ciò che sembrava destinato alla morte e all’oblio.
Così, mentre un’attualità schizofrenica alterna senza requie retromanie e negazionismi, mistificazioni e damnatio, “ciò che è stato” diventa protagonista di un racconto che si muove tutto nell’area semantica e materica della trama e dell’intreccio, del ricamo e del cucito, del filato e del tessuto, in un laboratorio di rielaborazione simbolica della realtà che fa rivivere scampoli di un Novecento comune e ritagli di vita privata.
I ricordi di Maria Jole Serreli sono diventati Formiche, Animas, Crisalidi, lavori in cui la concreta eredità sartoriale di una zia evidentemente amatissima ritorna sub specie di fagotti, assemblaggi e bozzoli, esito molteplice di un processo creativo iniziato nel 2016 e adesso proposto come prima tappa aurorale di un più ampio progetto che nel corso del 2020 si svilupperà a Roma e a Milano.
Campioni di stoffe, passamanerie, rocchetti, matassine, lunghezze di spago, merletti, bottoni gioiello, spilli e safety pins si danno la mano in piccoli e grandi involti che sembrano racchiudere forme di vita pulsante, scene primarie, parole di quotidiana ma inestimabile preziosità: a sé stanti, estroflesse o adagiate su tele ricoperte di altra stoffa o reticoli di filo – ma ci sono anche una teca che sembra un cassetto aperto privato della maniglia e un piatto antico da servizio buono che avrebbe potuto contenere con la stessa soavità un buon augurio di riso, grano, giuggiole e monetine – hanno colori e consistenze che fanno pensare a occasioni da calendario, cerimonie, celebrazioni e riti di passaggio.
In questi accumuli novelli, esito della manipolazione di primo grado di una nipote grata e ispirata, ogni cosa è ben raccolta, ricomposta, custodita: proprio come avrebbe fatto l’insetto della favola di Esopo, talmente consapevole del passare del tempo da non sprecare quello utile per il solo canto e il solo ballo.
Nella serie delle Animas, invece, le tracce di un Novecento che ha rappresentato la consuetudine in molte case oltre che in molte botteghe – perché in quale famiglia non c’è stata almeno una donna, finanche maldestra, appassionata di uncinetto o di lavoro a maglia? – vengono offerte in una bidimensionalità quasi assoluta, in cui ogni percepibile stratificazione rimanda all’invio di un messaggio (magari affrancato con un francobollo da 150 lire), all’applicazione di una regola (frammenti di cartamodelli per intaglio del cotone dai bordi strappati, lacerati, consumati dall’uso ripetuto negli anni), all’invocazione di una benignità superiore (Madonne e santini che appaiono come per un saluto di preghiera affacciandosi da piccole edicole votive fatte di carta e di inchiostro).
Ancora, nelle Crisalidi, i materiali antichi (sempre tutti originali e risalenti ai decenni Venti-Sessanta) si arrampicano su piccoli e grandi rami sbiancati e si accomodano agli incroci del legno, negli incavi, sulle estreme propaggini, laddove sarebbero stati altrettanto bene nidi colmi di uova o creature larvali di varia natura, emblemi perfetti della metamorfosi e della sorpresa che sempre caratterizzano la venuta al mondo.
Esposte all’aria oppure protette da campane di vetro, sempre accompagnate da fitti grovigli di filo o di spago, hanno l’aspetto sibillino delle profezie, quello giocoso degli indovinelli, quello magnetico degli enigmi: in esse, in nuce, ci sono tutte le cromie che verranno, quelle delle ali da spiegare per i voli da compiere a partire da domani.
Accolta con calore di pubblico, la mostra sarà visitabile fino al 7 gennaio 2020, con un ingresso nel nuovo anno, e dunque nel nuovo decennio, che sembra scortare il visitatore fino al giorno successivo all’Epifania per lasciargli un testimone simbolico, ovvero fare in modo che a sua volta non perda la stupefazione per nuove e personali rivelazioni, apparizioni e riviviscenze (meglio ancora se porterà via, se non un’opera, almeno uno dei gioielli di stoffa prêt-à-porter che sono stati creati appositamente per l’occasione).
Il passato, sembra dirci Serreli, est à nous (alla pari del futuro), e ci sono molti modi per legarlo senza costringerlo, per trattenerlo senza intrappolarlo; per tenerlo presente a sé, insomma, proprio come in un abbraccio, e anche perché – come ancora ricorda la canzone – sarebbe bello, un giorno, poterlo riaccompagnare .
IN MOSTRA
Dal 21/12/2019 al 07/01/2020 - Dal lunedì al sabato. Dalle 17.00 alle 20.00
DOVE
MANCASPAZIO - Via della Pietà n. 11, Nuoro
Cecilia Mariani
24/12/2019