PIEDI
I RACCONTI DI VALERIA
All’improvviso mi hai piegato le gambe e presa in braccio. Il neo vicino al seno è rimasto scoperto. I miei piedi volavano...
Al primo appuntamento quelli sono stati i primi che ho notato. Impugnavo la sigaretta in mano, poi passava in bocca. Scrollavo la cenere per terra. Seguivo il cammino del fumo con lo sguardo. Coriandoli caldi precipitavano sull’asfalto. Ti annunciava il rumore di suole molli sull’asfalto grigiastro, deserto in quel preciso momento. Su e giù come i vicoli di questa zona della città. Viuzze che si uniscono formando croci. Passi frettolosi, gambe lunghe, cosce robuste. Venivano verso di me. Dal basso verso l’alto - che strano modo di conoscersi - ho pensato.
Erano le nove di sera di un giugno quasi finito. Ci siamo accomodati fuori, boicottando l’aria condizionata dentro. Nel quartiere Marina si spandeva un odore meticcio di spezie esotiche, di alghe, di cozze, di frittura di mare. C’erano ancora trenta gradi e il vento pareva morto. Avevamo scelto un ristorante semplice senza candele o musica. Il tavolo in legno, le posate racchiuse dentro tasche di carta. Abbiamo ordinato ravioli giganti al vapore, gonfi di verdure salate. La cameriera ha portato i piatti lasciando in mezzo a noi una delicata scia agrodolce. Avevo fame e mi sono gettata subito sul cibo. Ho riempito le guance con un trancio di pasta tenera e riconosciuto il cavolo bianco e le carote. Avrei imparato con il tempo che la tua passione per il cibo orientale non era per il sushi o il cinese ma per il kirghizo. Con la scusa di stendere il tovagliolo in grembo ho guardato ancora i tuoi piedi. Volevo capire dove sarebbero andati a finire. Li hai messi fuori dal tavolo, sedendoti quasi di lato. Non ti vedevo più dritto in faccia ma solo di profilo. Nel profilo c’era la metà di tutto: un occhio solo, mezzo labbro, un lobo unico, un sorriso spezzato. Dall’altra parte che non potevo vedere, i segreti di una vita intera.
Hai lanciato anche tu lo sguardo verso i miei. Ti ho chiesto il perché muta, piantandoti gli occhi addosso.
- Deformazione, scusa. Mio padre ha venduto scarpe per tutta la sua vita. D’estate se andavo male a scuola dovevo passare il tempo lì ad aiutarlo.
Del primo bacio ricordo i piedi che a terra non ci volevano stare più. Tu riposavi su una panchina tra ficus e rose gialle dopo una salita che ci aveva tolto il fiato. Io dritta ti scrutavo dall’alto e sventolavo l’aria sulla faccia. All’improvviso mi hai piegato le gambe e presa in braccio. Ti sono piombata addosso fingendo paura. La maglia a righe rosse e bianche che indossavo si è stropicciata. Il neo vicino al seno è rimasto scoperto. I miei piedi volavano. Poi ci siamo baciati e pazienza se non atterravano più.
I mesi passavano, gli anni pure.
Loro restavano certezze.
Erano i primi a entrare dentro le coperte, nel cuore dell’inverno, a lottare contro i suoi artigli gelidi sui nostri corpi. Aspettavo senza fretta, distesa, la testa sprofondata sul cuscino. Scaldavo con le mani e sfregavo la zattera di lenzuola che ci permetteva di staccare ancora i piedi dalla terra. Offrivo al tuo sguardo solo la mia nuca, la curva inarcata della schiena. Mi allungavo in cerca di te, dei tuoi piedi. Sempre caldi, più grandi e capaci di accogliere i miei, così piccoli. Sul tuo dorso si posava la mia pianta. Ancoravo il desiderio al tuo. Il respiro barcollava. Era un modo di volerti anche quello. Far l’amore con i piedi. Quando non mi bastavi la gamba saliva pian piano fino ad arrestarsi sulla coscia. Ti accarezzavo. Giravo attorno ai bordi dove, oltrepassando, doveva sconfinare il mio piacere. Al risveglio il ginocchio ti trafiggeva un fianco. Sembravi un santo a processione conclusa, sudato e felice di essere schiodato, le braccia lunghe a sfiorare la mia fronte. Un sorriso consacrato sul viso.
Eri bello, già distante.
Piano piano smettevo di cercarti. Mi rintanavo nel bordo del letto e nuotavano nell’aria le mie dita. Era la vendetta dell’estate. I piedi ora pretendevano di far l’amore da soli.
Il corpo mio gemeva senza di te.
Valeria Pecora Schirru
26/03/2020
Photo cover Giusi Scanu