MARIA LAI

stefania paparelli

RICUCIRE IL MONDO - MAN

Da Cagliari a Nuoro, passando per Ulassai. Il viaggio eccezionale di una donna straordinaria che non ha mai smesso di abbracciare il mondo. Con gli occhi di una bambina.

Fili che uniscono. Fili che si intrecciano. Fili, per creare legami, incontri, relazioni. Fili per far battere il cuore.
Da Cagliari a Nuoro, passando per Ulassai, la Sardegna tributa la vittoria dell’arte sulla morte, l’illuminismo dell’intelligenza contro la dittatura dell’apatia del cuore e l’inedia della ragione. La vittoria dei legami tra i popoli, contro il nichilismo delle divisioni.

Maria Lai Chilometri di fili, materici come il cotone, risonanti e metallici come corde d’arpa.
«Credo che questa iniziativa piacerebbe molto a Maria Lai», racconta Claudia Firino, assessore alla cultura della Regione Sardegna. «Questa mostra è importante per tanti motivi. Innanzitutto è una mostra che, come avrebbe voluto Maria Lai, unisce il nostro territorio. È dislocata in tre siti. Questo rappresenta un forte simbolo di unione per la nostra terra, ma è soprattutto un importante simbolo di collaborazione tra diversi enti e diversi territori. Questo modo di “ricucire” il territorio credo che sia di buon auspicio per la nostra isola. Spero davvero che questo sia solo l’inizio di un processo che porterà a tante altre collaborazioni di questo tipo»

Maria Lai era una donna dal cuore immenso. Una donna generosa. Gran parte delle sue opere, così magnificamente ricomposte, sono state donate da privati. Maria Lai regalava a vicini e amici il frutto della sua creatività.

Barbara Casavecchia, giornalista, critica d’arte e curatrice anche di questi allestimenti ci introduce in questi spazi fluttuanti e leggeri. «In questa mostra del MAN, che parte dai primi anni ottanta, abbiamo cercato di ricucire il rapporto tra Maria Lai e il mondo, ovvero di raccontare tutta la parte pubblica del suo lavoro. Il lavoro all’interno dei paesi, nel teatro, la messa in scena. Il lavoro coi bambini. Il mondo dei libri e della scrittura. Il rapporto di Maria con le fiabe, che era il modo in cui lei si raccontava e amava parlare di arte, soprattutto ai bambini, ai ragazzi. Una mostra che è anche un omaggio alle energie spese, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, per il mondo della scuola. Maria Lai Perché per lei giocare e il gioco erano un’espressione di creatività».
Creatività e intrecci, trame e tessuti nel mondo delle fiabe. Antonio Marras che già a L’ISOLA DELLE STORIE ci ha parlato del suo legame profondo con Maria Lai, visibilmente emozionato racconta: «Mi sento molto fortunato a essere qui. Questo è uno spazio straordinario. Credo sia uno dei pochi spazi, che si possano chiamare museali, di tutta la Sardegna. Questa è stata l’occasione per conoscere Lorenzo Giusti, che è uno alto, e a noi sardi non è che questa cosa piaccia molto», il pubblico ride, «ma soprattutto è uno alto in tante cose. È uno attento alle persone, rispettoso e molto riservato. Tutte caratteristiche nelle quali noi sardi ci ritroviamo. Io non volevo fare questo lavoro perché non ho metabolizzato la partenza di Maria. Sono stati Claudia, Lorenzo e Barbara a insistere e infine a darmi il "la" per accettare questo incarico. Sono sicuro che questa è solo la tappa di un altro viaggio nel quale Maria va e poi ritorna. Perché per lei non era tanto la vita in se a essere importante, quanto il viaggio alla ricerca dell’infinito. Ci vorrà un po’ di tempo per noi per capire questo importante messaggio di Maria. In questa mostra abbiamo scelto le cose meno belle, meno eclatanti, un po’ bruttine di Maria. Cose molto bric-à-brac che poi invece hanno un sapore e un contenuto molto forte e personale.
Maria Lai Arrivati qui ricordo che scartavano cose meravigliose. Nella mia stanza c’erano tanti pacchi da aprire. Man mano che li scartavo, aiutato da Patrizia, vedevo delle cose che mi inquietavano abbastanza. Io sono molto incosciente e molto animale in questo e sono anche molto istintivo. Ma come mi ha insegnato Maria, “dobbiamo imparare ad ascoltare la voce delle cose che apparentemente non parlano”, ma che in realtà ci comunicano tante cose. E mi ha insegnato ad aspettare il momento in cui un muro o una stanza parlano. Quella stanza ha parlato. Quelle cose, in qualche modo, per magia si sono ricomposte, anzi, composte da sole. Ed è nata questa stanza al terzo piano. Una stanza dove si fa veramente un viaggio. E si arriva ad una meta che è ancora una volta un nuovo punto di partenza per partire verso un altro viaggio. È una stanza affollata, ma nonostante l’affollamento che è tipico delle mie cose, quella stanza ha una sua leggerezza. Perché quegli oggetti e quelle cose, anche nel loro insieme trovano un’armonia, un senso e galleggiano nelle pareti sino ad arrivare a quell’opera meravigliosa che c’è in fondo nella stanzina. Tutto questo è delimitato da fili, da corde. Quasi fosse un pentagramma, o una sorta di arpa che ha un suono meraviglioso che credo a Maria piacesse molto.
Tutto questo per invitarci a cantare e a giocare ancora una volta con lei».

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