MIGUEL BONNEFOY
L'ISOLA DELLE STORIE
Giovane e pieno di talento. La sua scrittura avvolgente ha la provocante bellezza e il surrealismo di un quadro di Dalì. Per il suo Il meraviglioso viaggio di Octavio è stato premiato con il prestigioso Prix Edmée de la Rochefoucauld. Nel 2015 è stato uno tra i più divertenti e trascinanti autori de L’Isola Delle Storie. Proprio sull’importante kermesse letteraria sarda abbiamo chiesto a Miguel Bonnefoy di regalarci un suo pensiero, nel suo stile. E lui, Miguel, lo ha fatto così.
LES MOUTONS
Quando sono arrivato in Sardegna, per prima cosa mi fu spiegato che l'isola aveva quattro milioni di pecore per un milione di abitanti.
Ho controllato sul programma che si trattava effettivamente di un festival letterario e, perplesso, ho sentito subito la confusa sensazione di essere stato invitato in un territorio in cui i lettori erano in minoranza.
Devo confessare che le prime ore sono state inquietanti:
guardavo attraverso il finestrino della macchina il paesaggio arido in cerca di una marea di ovini, un oceano di agnelli, chilometri di pecore, ma riuscivo a vedere solo colline deserte e coste silenziose.
Arrivati a Gavoi, nessuno mangiava formaggio e, visto che faceva caldo, nessuno indossava lana. Sulle terrazze, si beveva birra o vino, niente latte.
Nelle piazze, delle signore sedute all'ombra di una chiesa non tosavano animali, i bambini non correvano dietro un ariete, gli uomini non discutevano dei rituali di sacrificio.
Tra i vicoli, una moltitudine di artisti, nessun allevatore. Sui muri, nessun accenno al Vello d'Oro: si vedeva soltanto il quadro Felliniano e campestre dei villaggi letterari.
Ho atteso con impazienza il primo pranzo per vedere se mi sarebbe stato servito un cosciotto d'agnello, delle costolette, un haggis scozzese o dei rognoni bianchi.
Ma gli scrittori erano invitati a servirsi in un buffet dove si mangiava pesce e insalate di stagione.
Gli autori parlavano dei loro libri e di quelli degli altri, ma nessuno menzionava il Lupo e l'Agnello di La Fontaine, nessuno parlava di Rabelais e delle pecore di Panurgo, nessuno citava il Piccolo Principe o la pilota Michèle Mouton.
Fu necessario aspettare l'ultima cena. Ci trasportarono fino a un grande edificio circondato da colline, nella campagna sarda, dove un enorme fuoco sprigionava un forte odore di grasso.
Sulle griglie poggiate sopra le fiamme, i quattro milioni di pecore stavano cuocendo avvolti da un profumo di mitologia e letteratura.
Quella sera, ci servirono così tanto cibo che mi resi conto che c'erano, in questa isola, quattro pecore per ogni abitante e che le belle lettere erano spesso associate con del buon cibo.
Le minoranze hanno sempre consumato il grasso delle maggioranze. Tuttavia, durante il festival, nessuna pecora ha letto un libro.
Sardinia Fashion
26/04/2016